STEWARDSHIP E TURISMO

STEWARDSHIP E TURISMO

Dr. Alfonso Vargas-Sánchez Full Professor, University of Huelva (Spain) and Member of the Tecnical and Scientific Commetee of STEWARDSHIP - Italian Association for Ethical Management of Resources
Dr. Alfonso Vargas-Sánchez
Full Professor, University of Huelva (Spain)
and Member of the Tecnical and Scientific Commitee of STEWARDSHIP – Italian Association for Ethical Management of Resources



1.  Introduzione

Il mio primo approccio all’idea di Stewardship è avvenuto molti anni fa, leggendo l’articolo di Davis J. H., Schoorman F.D. e Donaldson L.  dal titolo “Towards a Stewardship Theory of Management”, pubblicato dalla Academy of Management Review (1997, 22, 1, pp. 20-47).

Questo articolo fondamentale mirava a proporre le basi di un nuovo sistema di governance delle imprese sulla base di una visione del rapporto tra azionisti e top manager che superasse i limiti teorici della dominante Agency Theory.

 Per dirla in poche parole, l’Agency Theory costituisce un approccio economico alla governance con una serie di assunti riduttivi sul “modello di uomo” o il suo comportamento: individualistico, opportunistico, egocentrico (la matrice dell’homo economicus, insomma).

 Questo assunto era chiaramente troppo semplicistico: occorreva una nuova teoria capace di spiegare altri tipi di comportamento umano, e ciò è stato trovato  negli studi accademici superando la prospettiva economica, ovvero, più specificamente, nelle scienze sociologiche e psicologiche.

 La nuova matrice dello steward è stata costruita sulla base di un “modello di uomo” opposto: collettivista, orientato a favorire l’organizzazione e affidabile, volto a perseguire la convergenza degli interessi. Pertanto si ritiene che:

 – Perseguendo fini organizzativi e collettivi vengono soddisfatti anche i bisogni personali

 – I suoi interessi sono allineati con quelli dell’impresa e dei suoi proprietari.

 Pertanto uno steward è motivato a massimizzare la performace dell’organizzazione soddisfacendo in tal modo gli interessi degli azionisti.

 Poiché lo steward percepisce una maggiore utilità da un comportamento cooperativo che da uno individualistico, e si comporta di conseguenza, questo comportamento può essere considerato razionale.

 La tabella seguente sintetizza i principali meccanismi psicologici e situazionali (o sociologici) che caratterizzano l’approccio della stewardship.


Meccanismi psicologici

Motivazione: bisogni di ordine più elevato (perseguimento della crescita, autorealizzazione, motivazione intrinseca) – Identificazione: forte impegno Potere: Personale (esperto, referent)

Meccanismi situazionali

Filosofia del Management: orientata al coinvolgimento

Orientamento al rischio: fiducia

Quadro temporale: lungo termine

Obbiettivi: miglioramenti della performance

Differenze culturali: collettivismo, distanza di potere più bassa

 Fonte: Mia elaborazione basata su Devis, Schoorman e Donaldson (1997).

 Quindi:

 – I manager i cui bisogni sono basati sulla crescita, il raggiungimento degli obbiettivi e l’autorealizzazione; che sono motivati intrinsecamente, che si identificano con le loro organizzazioni e sono coinvolti con i valori dell’organizzazione, sono più probabilmente più propensi a servire i fini dell’organizzazione.

 – Le situazioni in cui la filosofia del management è basata sul coinvolgimento e la fiducia, la cui cultura è basata sul collettivismo e sulla bassa distanza nelle relazioni di potere, produce generalmente un rapporto tra azionisti e top managers basato sulla stewardship.

L’approccio della stewardship è stato collegato anche all’idea della buona governance e dei suoi relativi codici, e ha allargato il suo raggio d’azione da una prospettiva aziendale ad una visione più ampia che comprende la società come un tutto.

 In questa sede, posso affermare che un comportamento da steward è un modo appropriato per facilitare tra gli stakeholders la collaborazione attraverso la convergenza diei loro interessi e per promuovere una gestione più responsabile delle risorse (limitate) disponibili, avendo in mente le generazioni future.

 

2. Applicazione all’industria del turismo

La disoccupazione è oggi probabilmente il problema più serio e la preoccupazione maggiore in molte regioni Europee, specialmente nei paesi del Sud Europa. La previsione dei nuovi impieghi, per lo meno nei prossimi anni, è molti limitata in termini quantitativi, ma le previsioni sono ancora peggiori se si considera la loro qualità. Inoltre, i dati ufficiali dicono chiaramente che questa crisi colpisce soprattutto i giovani.

In termini generali, se si eccettuano le nuove tecnologie (ICT, biogenetica e altre) e alcune nicchie particolari, quali, per usare un colorato simbolismo, quelle della economia verde (ambiente e turismo) della economia blu (le energie, soprattutto le energie pulite e rinnovabili), e quella bianca (salute e assistenza alle persone anziane/portatrici di handicap come risultato del progressivo invecchiamento della popolazione), le industrie restanti anno una previsione di crescita problematica. Per quanto riguarda paricolarmente la Spagna, quasi tutti i mercati del lavoro internazionali  sono potenzialmente in condizioni migliori. Ciò aggiunge una ulteriore drammaticità a questo panorama e richiede di rivedere seriamente i nostri modelli produttivi, compreso il sistema educativo a tutti i livelli, prestando maggiore attenzione alla ricerca, allo sviluppo e all’innovazione.

 In questo contesto un approccio etico (che preferisco chiamare responsabile) della gestione di risorse scarse è più necessario che mai sia a livello collettivo che individuale. Come ogni altro valore, anche questo deve essere fatto proprio da ogni individuo e applicato coerentemente nelle azioni quotidiane, portandolo dentro le organizzazioni e i gruppi di cui facciamo parte. Non aspettare che siano gli altri a far questo lavoro, fallo tu!

 La sostenibilità è la grande parola, il paradigma del momento. Anche se non è ancora un concetto nuovo nella letteratura accademica, essa fa già parte del vocabolario dei comuni cittadini, compresi gli uomini d’affari (e le loro agende e i loro Consigli di Direzione).

 Quando però una parola diventa troppo popolare ed è usata eccessivamente, qualche volta a sproposito, tende a perdere i suoi tratti autentici e si crea confusione  sul suo significato. Per esempio:

 – Una economia sostenibile non è una economia sostenuta artificialmente con sovvenzioni e sussidi, anche se agli inizi essi possono essere giustificati per dare un segnale su un percorso particolare da seguire:

 – Economie sostenibili non sono quelle che prendono in considerazione solo parametri di protezione ambientale, dimenticando la dimensione sociale delle decisioni (per esempio l’occupazione senza peggiorare le cose in tempi di una crisi severa). Sono quelle capaci di trovare un certo spazio per bilanciare le dimensioni economiche, sociali e ambientali.

All’ondata iniziale di certificazioni della qualità del management ne sono seguite altre relative alla sicurezza, ai sistemi di gestione ambientale…. e ora ne abbiamo un’altra (vedi ISO 26000), quella della responsabilità (normalmente chiamata Corporate Social Responsibility). Forse il termine responsabilità è (o può essere) meglio inteso come sostenibilità: è l’adozione di comportamenti economicamente, ambientalmente e socialmente responsabili.

 La Responsabilità Sociale è stata generalmente concettualizzata come l’opzione di andare oltre la mera e stretta obbedienza alle leggi, e quindi come qualcosa che ci si autoimpone volontariamente come un elemento di differenziazione, anche se va sottolineato che sono molto potenti le pressioni istituzionali ad allineare e standardizzare in qualche modo i comportamenti (si pensi alle pressioni coercitive, normative e mimetiche, come ci insegna la Teoria Neoistituzionale). Un altro dibattito è se questi obbiettivi (certamente lodevoli) e queste misure migliorino la competitvità delle aziende (nel breve, medio o lungo periodo) in una economia globalizzata (sostenibilità economica), come nell’industria del turismo. O se la Responsabilità Sociale sia stata effettivamente inserita nel processo decisionale strategico delle aziende, oppure, al contrario, sia una semplice operazione di marketing e di ripoulitura della propria immagine.

 Andando al particolare campo di attività del turismo, poniamoci alcune domande molto di base.

– I nostri Comuni, hanno tutti in egual misura un potenziale da investire sul turismo e svilupparlo? Naturalmente essi hanno il diritto di farlo se scelgono questa strada ma non saprebbe più responsabile (perché più efficiente ed efficace), concentrare le risorse pubbliche (oggi più scarse che mai) in quei luoghi e in quelle attività economiche in cui essi hanno maggiori possibilità di successo? Ogni territorio deve fare il suo meglio per il proprio futuro ma ciò non passa necessariamente per il turismo, come troppo spesso in tempi recenti si è creduto.

 Le autorità hanno il coraggio di definire ciò che va sotto il nome di carrying capacity (cioè la soglia limite di visitatori in essa ospitabili, senza che si realizzino modificazioni non reversibili sia nel suo ecosistema che nella qualità dell’esperienza dei visitatori) di una specifica località o di specifiche risorse,  in modo che l’impatto sull’ambiente (l’ambiente che godiamo oggi è la principale risorsa per il futuro) non sia troppo aggressivo e quindi i turisti e i residenti possono ricevere servizi di qualità soddisfacente? Sicuramente ognuno di noi ha davanti agli occhi aree turistiche la cui programmazione sembra abbia portato a superare ampiamente nei periodi di punta la soglia della quantità di persone che possono coesiste armonicamente gli uni con gli altri e con l’ambiente. Evitare la percezione del superaffollamento è essenziale per un ammazzare la “gallina che fa le uova d’oro”.

 E’ una scelta economicamente responsabile sostituire lavori industriali stabili e ad alti livelli di specializzazione, produttività e valore aggiunto, con lavori stagionali, di media o bassa specializzazione, produttività e valore aggiunto, come sono nella grande maggioranza quelli della nostra industria del turismo? Non sarebbe meglio scommettere anche nel turismo su nuove tecnologie e sull’innovazione  (in senso lato) turistica, cioè in favore della generazione di capacità mentali piuttosto che di forza lavoro (a basso prezzo e temporanea)? La nostra competitività deve passare attraverso l’innovazione, attraverso il trasferimento al tessuto produttivo delle conoscenze scientifiche, tecnologiche e artistiche e attraverso il potenziamento delle nuove conoscenze grazie alle nuove imprese? Ma ciò richiede un forte supporto a una ricerca rigorosa e d’eccellenza e aziende innovative (normalmente piccole e medie) connesse con il turismo, capaci di generare nuove soluzioni, creare nuovi prodotti e fornire servizi con un elevato valore aggiunto. Relativamente alla ricerca, oggi siamo molto lontani dal sostenere una economia del turismo sostenibile.

 La sostenibilità (non solo ambientale) è l’effetto di numerose cause. Per perseguire il  traguardo auspicabile di un turismo sostenibile, c’è una leva potente: il turismo responsabile porta a un turismo sostenibile.

 Il turismo responsabile, opposto al turismo predatorio e di massa – nettamente e per fortuna in declino – è il turismo consapevole dei suoi impatti sull’ambiente locale, e della necessità di rispettare e promuovere i maggiori benefici che ne possono trarre gli stakeholder locali. Solo una domanda, come provocazione: il modello di turismo “tutto compreso” risponde a questo concetto?

 L’ondata della Responsabilità Sociale d’impresa è arrivata anche al turismo, come è dimostrato dalla Dichiarazione di Madrid del 2010 (Verso un modello di turismo socialmente responsabile) (http://ec.europa.eu/enterprise/sectors/tourism/files/madrid_stakeholders_conference/declaration_madrid_en.pdf), redatto nel quadro della presidenza spagnola dell’Unione Europea. In questa dichiarazione si dichiara che “La responsabilità sociale d’impresa è essenziale nell’industria del turismo e dovrebbe quindi essere presa in considerazione nelle attività e nelle pratiche turistiche a livello di territorio, azienda e turista. La crescente consapevolezza pubblica e la promozione di atteggiamenti responsabili tra i turisti europei è anch’essa essenziale per aumentare la domanda di prodotti e servizi turistici responsabili in Europa”.

 Questa nuova ondata a mio parere non è destinata a passare. Come viene affermato nel documento citato: “Gli Stati membri dichiarano la loro volontà di … promuovere un turismo responsabile ed etico e, specialmente, la sostenibilità sociale, ambientale, culturale ed economica del turismo”. Aggiungerei che per muoversi in questa direzione occorre un requisito basico che è la consapevolezza e l’educazione della popolazione locale.

Quando parliamo di turismo, oltre alla sostenibilità, un altro concetto strettamente collegato con la stewardship è quello di accessibilità. L’obbiettivo è di aumentare nel turismo la partecipazione delle persone con disabilità, partendo dal principio fondamentale dell’equità e del rispetto dei diritti di questi cittadini con bisogni speciali.

 Per fare progressi in questo campo è necessario considerare:

 – Azioni volte a prevenire la discriminazione ai danni di questo gruppo (ampio ed eterogeneo) a partire dal summenzionato “ombrello” della Responsabilità Sociale d’Impresa.

 – La considerazione che questo segmento di potenziali clienti è una opportunità di business per l’industria del turismo, basata sulle cifre che corrispondono alla sua ampiezza in Spagna ed Europa, così come al trend demografico dell’invecchiamento della popolazione, la cui crescita sostanziale accrescerà l’attrattività di questa nicchia, almeno per quanto riguarda le persone con ridotta mobilità.

 Le stime (fornite dal Piano di Accessibilità Turistica spagnolo) ci dicono che:

 – In Spagna 3.5 milioni di persone sono affette da qualche forma di disabilità, nell’Unione Europea 50 milioni, a livello mondiale 600 milioni.

 – In Europa la domanda potenziale di turisti con disabilità si colloca intorno ai 127 milioni di persone, senza considerare gli accompagnatori, perché molte di queste persone non possono viaggiare da sole. Comunque un mercato europeo potenziale di 133 milioni di turisti possono rappresentare un reddito annuo di 80 miliardi di euro.

 – Nella nostra società la disabilità non è un fenomeno così eccezionale: la percentuale corrente di persone con disabilità in Spagna è del 9%, cioè uno spagnolo su dieci.

 Parallelamente:

 – Ci sono molte persone con disabilità che vorrebbero viaggiare e potrebbero sostenerne il costo ma non lo fanno, o lo fanno meno di quanto vorrebbero, a causa delle barriere che trovano nei trasporti e nelle destinazioni turistiche.

 – Grandi ostacoli ancora rimangono perché queste persone possano trovare un lavoro, sia per l’inaccessibilità del posto di lavoro sia per una sbagliata percezione della loro possibilità di lavorare o per violazione della legge.

 Tuttavia, pur restando ancora molta strada da fare, sono stati fatti passi significativi per il riconoscimento dei diritti di queste persone. Per esempio, sono stati lanciati alcuni standard o certificazioni, come DISCERT (il Certificato Europeo che riconosce le aziende e le organizzazioni impegnate sul fronte delle persone disabili), o UNE 170001 per l’accessibilità globale o universale.

 Per riassumere, dovremmo imparare che l’accessibilità deve essere integrata come una componente del più ampio e complesso concetto di eccellenza turistica. Non c’è eccellenza se non c’è piena accessibilità. Accessibilità significa qualità e sicurezza per tutti, non solo per i disabili. Essa dunque deve essere considerata in ogni strategia di sviluppo turistico. Ciò richiede educazione, consapevolezza, informazione, abitudine a spezzare pregiudizi e stereotipi infondati.

 Questi temi (sostenibilità e accessibilità nel turismo) devono essere considerati parte dell’agenda della Stewardship.

 Il mondo evolve spinto da potenti fattori di cambiamento politico, economico, sociale e tecnologico. Il “verde”, il sostenibile, è uno di questi vettori che interessano naturalmente il turismo in tutti i suoi aspetti: la sua dinamica richiede decisioni a livello politico e di business. Esso ha notevoli implicazioni economiche, diventando un segmento sempre più attrattivo: questo mercato risponde a una sempre più vasta e radicata domanda sociale che valuta positivamente questo tema e richiede i necessari investimenti nel settore pubblico e privato. I progressi tecnologici rafforzano ulteriormente questo posizionamentio con lo sviluppo di tecnologie che rendono possibile un uso delle risorse (acqua, energia) sempre più efficiente e minimizzano l’impatto sull’ambiente (riciclaggio, riduzione dell’impronta ecologica, ecc.).

 L’evento “Innovazione verde nel turismo” (Rio de Janeiro, Brasile, Giugno 19, 2012) svoltosi nel contesto della Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile di Rio +20, ha messo bene in evidenza che i cambiamenti nelle pratiche del turismo possono portare significativi benefici per una maggiore sostenibilità nel ciclo degli approvvigionamenti.

 Le relazioni hanno mostrato che prestare maggiore attenzione alla sostenibilità, e in particolare alla innovazione verde, può aumentare la creazione dei posti di lavoro e ridurre gli impatti ambientali e i relativi costi, accrescere i vantaggi competitivi delle aziende e delle destinazioni turistiche migliorando nello stesso tempo l’esperienze dei visitatori.

 Malgrado i significativi progressi, l’innovazione continua a scontrarsi con ostacoli, tra cui la scarsa consapevolezza dei turisti, molti dei quali sono riluttanti a pagare un prezzo maggiore per vacanze sostenibili, la mancanza di informazione da parte delle aziende sui costi dell’investimento, l’accesso limitato al credito per le imprese di piccole e medie dimensioni o la mancanza di una integrazione politica tra settori chiave quali il turismo, il trasporto, l’energia e l’ambiente.

 Alain Dupeyras, Capo del Programma Turismo del Centro per l’Imprenditoralità, le Piccole e Media Imprese e lo Sviluppo Locale dell’OCDE, ha detto in quell’evento “Un approccio più strategico nella promozione dell’innovazione verde nel turismo richiederà un maggiore coordinamento orizzontale e verticale, per esempio migliorando l’accesso ai finanziamenti necessari per le piccole e medie imprese per sostenere i loro sforzi nel campo dell’innovazione verde”.

 Sono tornato a questo problema perché è un valore intrinseco di quelle che sono state chiamate “Smart Tourism Destinations” (Destinazioni Turistiche Intelligenti).

 

3. Conclusioni finali

 Lo spirito della stewardship può essere concettualizzato come il motore per raggiungere un più alto livello di sostenibilità sia nelle aziende sia in altri tipi di organizzazione (a causa dei suoi meccanismi per promuovere la collaborazione tra diversi stakeholders e individui e nella società in genere.

Dovremmo ricordare che a partire dagli anni ’80 il concetto di sostenibilità è stato usato soprattutto nel senso della sostenibilità del genere umano sul pianeta Terra e ciò è espresso nella definizione che ha conosciuto la massima diffusione adottata dalla Commissione Bruntland delle Nazioni Unite, il 20 Marzo 1987: “lo sviluppo sostenibile è lo sviluppo che  persegue i bisogni della generazione presente senza compromettere alle generazioni future la possibilità di perseguire i loro.”

 In una economia e in una società che stanno diventando sempre di più globali e complesse noi siamo sempre più convinti che questo spirito della Stewardship è sempre più necessario e destinato ad espandersi. Vedo questo sforzo come parte dello sviluppo di una nuova (e generale) teoria strategica, capace di considerare le sfide del 21esimo secolo. La ricerca di un nuovo approccio strategico richiede un impegno multidisciplinare che cerca di superare la focalizzazione dominante finora su economia-e-business.

E in effetti, il Management Strategico ha rilevato l’importanza del contesto e della struttura sociale, la rilevanza delle interazioni e la complessità delle relazioni umane nelle organizzazioni (relazioni personali, condizionamenti cognitivi, problemi emozionali e psicologici). Per affrontare queste sfide, l’approccio della stewardship può giocare un ruolo significativo.

 Come osservazione finale, vorrei sottolineare con particolare forza l’urgenza di recuperare la centralità del fattore umano in quanto essere sociale. Visto il contesto attuale di profonda crisi, ciò significa il recupero di alcuni valori banditi negli ultimi decenni dai paradigmi economici dominanti: manager consapevoli dell’importanza di un comportamento etico e dotati di eccellenti competenze tecniche. In sintesi, ripensare come guidare una economia e le sue imprese ad emergere dalla crisi più forti, con leader più responsabili e più steward.

 

Dr. Alfonso Vargas-Sánchez

Full Professor, University of Huelva (Spain)

 

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